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Fare e-commerce conciliando lavoro e famiglia

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Oggi è l’ultimo giorno per iscriversi al corso di microimprenditoria femminile: Fare e-commerce conciliando lavoro e famiglia, organizzato da Cercando il lavoro. Come docenti ci saranno, tra gli altri, Virginia Scirè, Alessia Bellon, Luigina Foggetti, Federica Bressan, Giuliana Corrado, Mara Ziomi, Fabio Graziotto e la sottoscritta :-)

Il percorso formativo, riservato a donne disoccupate, inoccupate, neodiplomate o neolaureate, inizia venerdì 24 ottobre e finisce il 18 dicembre.

Qui trovi tutti i dettagli e la scheda di iscrizione da compilare.

Lavoriamoci – Cercare un lavoro è un lavoro

Domani sera parteciperò a Lavoriamoci – Cercare un lavoro è un lavoro, un incontro organizzato dalla lista civica Camisano Cambia.

Ci sarà Juri Devigili, che parlerà di cosa fa e come funziona il progetto Cercando il lavoro, con cui collaboro da oltre 6 mesi. Io commenterò un po’ ciò che dirà lui e racconterò la mia esperienza di formazione sull’uso del web per la ricerca di lavoro, dei social per raccontare un’identità (non solo professionale) e fare networking.

Ci sarà anche Samuele Onelia che parlerà di Italian Indie, il podcast che racconta le esperienze degli imprenditori italiani che sono partiti da zero e ce l’hanno fatta.

Insomma, da diversi punti di vista parleremo di un argomento molto sentito e importante: il lavoro in un mondo che cambia.

Vi aspetto, ci conto!

Camisano Cambia - Lavoriamoci

LinkedIn fa i capricci? Un po’ di crisis management e via!

Sabato mattina mi sveglio dolcemente con musica molto bella, la giornata sembra iniziare alla perfezione. Mi alzo e vedo sull’iPad delle notifiche di Facebook che subito mi incuriosiscono: due persone mi scrivono “?“. Dall’anteprima vedo solo quello, punti interrogativi. Provo a immaginarne il motivo, mentre cerco di risvegliare gli occhi, tipicamente l’ultima parte del mio corpo a prendere vita la mattina, quando arrivano notifiche per altri due messaggi: dopo l’ormai consueto “?” arriva un “non lo uso più” e a quel punto devo rispondere:

– Cosa?
– Linkedin. Mi hai scritto “LinkedIn”
– Grrrr, dev’essere partita una cosa automatica, che palle! Non ho scritto nulla :-(
– Ahahahah beh un’occasione per farsi gli auguri. Auguri!
– Ma sì, prendiamo il buono anche di questo! Auguri a te, buon inizio!

Insomma, per fortuna con un po’ di leggerezza si affronta l’incidente. Sono di così buon umore che rispondo dicendo più o meno la stessa cosa alle altre persone che mi interrogano:

Oops! Linkedin ha spedito inviti in automatico!

Gli interlocutori reagiscono ridendo e ricambiando gli auguri, ma arrivano nuovi messaggi in continuazione, quindi decido di scrivere un aggiornamento di stato per avvertire urbi et orbi. In effetti molti commenti confermano che sono arrivati messaggi strani ovunque, e io continuo a rispondere a domande in privato. Iniziano ad arrivare anche diverse mail: quelle automatiche di chi è in vacanza e quelle di chi è già in contatto con me su LinkedIn e si chiede perché io mandi altri inviti. Sembra che gli inviti arrivino anche indirizzi poco usati, ma soprattutto tra le mail vedo che molti arrivano a indirizzi @facebook.com, ovvero quell’indirizzo creato in automatico da Facebook e che sostituiva l’indirizzo che avevi indicato tu – in molti non sanno neanche di questa sostituzione.

Inizialmente, visto che molti inviti sono legati a Facebook, penso che in qualche modo l’invasione sia passata da lì. Dopo una verifica su LinkedIn, però, constato che non è possibile vincolare i due account, quindi la strada dev’essere per forza un’altra. Ma quale? Faccio partire l’antivirus per sicurezza, giusto per essere certa di avere tutto a posto, e non trova alcuna minaccia. Poi cambio le password dei principali social, mentre continuo a rispondere a messaggi e confrontarmi con chi mi chiede se c’è qualche rischio in questi strani inviti partiti da soli. Iniziano ad arrivare le notifiche di LinkedIn che mi avvisano di alcuni inviti accettati: sono inviti veri, quindi sono partiti per forza da LinkedIn. Ma come e quando, visto che io non ho fatto nulla? Mi ricordo che la sera prima ho accettato un po’ di inviti e risposto a dei messaggi, ma nient’altro.

Dietro suggerimento di un’amica vado a vedere gli inviti inviati: ormai sono partiti, ma posso evitare che poi mandino il secondo avviso, così limito i danni. Sono tanti, quasi 2000, ne cancello un po’ ma mi rendo conto che ci sono alcuni indirizzi che non c’entrano nulla con Facebook e che hanno a che fare unicamente con la mia posta elettronica. Allora mi fermo, voglio capire bene che cosa succede e come muovermi, meglio se ho ancora elementi a disposizione. Anche perché continuo a chiedermi come sono arrivati così tanti inviti sia a contatti esclusivamente email che a contatti esclusivamente Facebook. Mi viene in mente un’immagine, un ricordo visivo: la sera prima ho aperto l’applicazione LinkedIn per iPhone per visualizzare un messaggio e l’ho subito richiusa, per poi passare a desktop. È solo lì, nello smartphone, che si incrociano le rubriche.

Scappo a un pranzo con amiche (ma anche di lavoro) e dopo qualche ora il cervello, più rilassato, riesce a ragionare meglio e a ricostruire l’accaduto:

  • più di un anno fa ho sincronizzato i contatti dello smartphone con quelli di Gmail, erano tanti quindi poi ho interrotto la sincronizzazione ma ormai parecchi erano importati;
  • diversi mesi fa ho sincronizzato i contatti dello smartphone con quelli di Facebook, erano tanti ma alcuni mi tornavano molto utili e mi facevano risparmiare tempo, quindi li ho mantenuti;
  • qualche mese fa, dall’app LinkedIn per mobile ho importato i miei contatti per vedere chi c’era: sapevo che era un passaggio delicato, ho guardato con attenzione, ho selezionato un contatto, è partito un invito automatico e non ho più voluto proseguire perché mi infastidiscono i messaggi automatici, avrei preferito poter scrivere qualcosa, ho dunque annullato tutto;
  • venerdì sera ho usato l’app per pochi secondi: possibile che nella fretta io abbia toccato qualcosa senza accorgermene?

È solo dai contatti dello smartphone che si poteva accedere a indirizzi email di così svariata origine. In alternativa, se non sono stata io a farlo in qualche modo assurdo (a mia insaputa, poi!), può solo essere un bug da qualche parte. Insomma, ho usato più volte l’app senza nessun problema, non mi sono più collegata con nessuno da lì, perché mai di punto in bianco mi fa questo scherzo? Continue reading “LinkedIn fa i capricci? Un po’ di crisis management e via!”

Guardare oltre

guardare olrte

A volte ci fermiamo a guardare la porta vecchia, i vetri sporchi, le sedie scassate, e ci perdiamo il sole che c’è dietro. Ecco, io ultimamente guardo il sole.

Author Mariela De Marchi Moyano Category Testi

Promemoria: i social vengono piegati dagli utenti / #socialamici

Lo so, è stata una mia distrazione:  ho guardato al volo il suo profilo senza andare giù giù a vedere cosa aveva condiviso in precedenza. Avevamo un’amica in comune, che non conosco bene ma che ho incontrato di persona nella mia città, quindi mi sono fidata. Anche perché tempo fa ho proprio deciso di essere meno esigente e di dare comunque un’opportunità a (quasi) tutti. Quindi dopo aver accettato la sua richiesta di amicizia ho sfoderato il solito “ciao Pinco Pallino, piacere di conoscerti” ed è seguito questo scambio:

dialogo cretino su Facebook

 

Ehm… ovviamente l’ho rimosso dagli amici. Diciamo che la mia fiducia nel genere umano va a farsi friggere molto velocemente con questo tipo di “scambi” e torno a pensare che è meglio essere sanamente selettiva – alla fine i social ognuno li usa come vuole, e io voglio a modo mio. Tanto se uno mi vuole seguire mica ha bisogno di essere amico mio su Facebook, sono ovunque! Se invece vuole davvero flirtare, almeno che lo faccia con un po’ di creatività. (Se poi scrive bisness non c’è speranza.)

Comunque questa cosa me la segno: mi ero fidata solo perché ero certa che il contatto in comune esistesse davvero in carne e ossa. Interessante, no? Più avanti ci torno sopra.

Rassegna di nuovi #socialamici interessanti?

Devo farmene una ragione: se non prendo appunti delle cose che mi vengono in mente “da scrivere” poi svaniscono e faccio fatica a ripescarle. Ad esempio qualche giorno fa controllavo gli aggiornamenti su Twitter – nuovi follower, interazioni – e notavo che c’era una particolare concentrazione di persone e iniziative interessanti e che non bastava un #FF per farle conoscere, dovevo condividerle aggiungendo anche solo un breve commento. Allora avevo chiaro in testa cosa scrivere, ora molto meno! Quindi dovrò organizzarmi meglio, se voglio davvero curare una sorta di rassegna di #socialamici degni d’attenzione.

Leila Boldrini, Luigina Foggetti, Domitilla Ferrari a #conversazionidalbasso, Urbino 2008

Perché #socialamici se ci siamo appena conosciuti e amico è una parola grossa? Perché talvolta il follow su Twitter, benché intrinsecamente unidirezionale, rivela una relazione in potenza se c’è dell’humus in comune. E infatti così è nata l’amicizia con Domitilla e Luigina.

Mi occupo già delle interazioni su Facebook, ma in quel caso mi interessa di più il lato privato, velato, ciò che avviene dietro le quinte. Mi sembra che la comunicazione su Twitter avvenga in modo abbastanza esplicito e diretto, univoco; paradossalmente (o forse neanche tanto) su Facebook, dove in teoria si dovrebbe essere “se stessi” per definizione, ci sono molte più maschere/sfaccettature/sorprese.

Non posso dire molto su ciò che accade su Google Plus, sono tornata attiva da poco e devo ancora capire l’uso abituale che ne fa l’utente medio (sempre che esista). Su LinkedIn, invece, potrei scrivere un saggio, ma ovviamente è un capitolo a parte.

Non so se la rassegna a cui pensavo giorni fa vedrà mai la luce, ma nel frattempo continuo a osservare ed elucubrare, il mio sport preferito.

Rosetta Stone

Oh, ma belle Babel!

Saluti in stazione: Luigina, Leonardo, Francesca e MariaQuest’anno le vacanze con le bimbe sono state davvero belle! Al di là delle avventure, come la corsa per tornare sul primo treno a prendere una palla (ora lo sapete, i treni arrivano in ritardo per colpa delle mamme!), o la tempesta che ci ha inzuppate durante una gita nel bosco, e al di là della gioia di condividere mangiate e risate con amici e parenti, abbiamo fatto un meraviglioso tour linguistico.

Le mie bimbe stanno crescendo bilingui, chi mi conosce lo sa, io parlo con loro sempre in spagnolo – con qualche eccezione, ça va sans dire – e cerco di fare che anche i miei genitori lo facciano, ma non sempre è possibile e non hanno amichetti che parlino lo spagnolo in zona. Ovviamente di questo passo l’italiano sarà per forza di cose molto più forte; loro hanno bisogno di compagni di gioco e interessi in spagnolo, altrimenti rimarrà sempre troppo in secondo piano. Già in passato avevo visto quanto fosse decisiva la presenza di coetanei madrelingua, quindi ho deciso di andare a trovare parenti e amici che parlassero lo spagnolo. In Svizzera. (Lo so, suona un po’ strano andare in Svizzera per parlare lo spagnolo, ma è lì che vivono.)

Il viaggio è stato un percorso a tappe e in quasi tutte abbiamo vissuto situazioni di multilinguismo. Eccovene alcune:

– da Denisse, a Möhlin, l’idioma comune era lo spagnolo, lei e suo marito parlavano con le loro figlie talvolta in tedesco, le mie figlie a volte parlavano fra di loro in italiano;

– da Sara, a Hagenthal-le-Bas, l’idioma comune era l’italiano, lei parlava ai suoi figli in italiano, Patrice (suo marito) lo faceva in francese, io parlavo con le mie in spagnolo;

– dai miei zii, a Fehraltorf, l’idioma comune era lo spagnolo, ogni tanto però loro parlavano in italiano con le mie bimbe, e qualche volta parlavano in tedesco con la loro nipotina o con la fidanzata di mio cugino (lei è italiana ma vive là da molti anni);

– da Luigina c’era la torre di Babele: l’idioma comune era l’italiano, lei parlava con i suoi bimbi in italiano, Bernhard (suo marito) lo faceva in tedesco, io parlavo con le mie in spagnolo, io e l’ospite brasiliana parlavamo in portoghese fra di noi, Luigina e Bernhard parlavano con l’ospite brasiliana in inglese e mi aggiungevo anch’io… potete immaginare quale carnevale ci fosse a tavola!

Insomma: 6 lingue in 10 giorni, niente male. Le bambine si sono divertite a vedere tutto questo viavai di codici e io mi sono sorpresa perché riuscivo a parlare il portoghese con relativa scioltezza e capivo quasi alla perfezione il francese. Il portoghese lo scrivo e traduco senza problemi, ma mi mancano gli interlocutori con cui praticare la conversazione. Il francese non l’ho mai parlato fuori da un’aula universitaria, quindi pensavo di essere molto più arrugginita. E invece!

Il mio unico rimpianto è stato il tedesco, che non ho mai studiato né imparato per caso – come invece è successo con il portoghese. Anni fa sapevo solo le solite frasi tipo guten Tag o ich liebe dich, cioè niente di utile, poi con un viaggio a Zurigo da un’amica ho appreso le basi della vita sociale, tipo zwei Bier bitte, e ho imparato a pronunciare buona parte dei gruppi di lettere, quindi riuscivo a dire i nomi delle strade. Due anni fa, quando sono stata a trovare mio zio in ospedale, ho capito parecchie parole e il senso di ciò che diceva l’infermiera, probabilmente incrociando inglese con lingue latine, vai a sapere come. Ma nient’altro. Uhm, ora che ci penso se riuscivo a fare tutte queste cose senza studi formali stavo proprio imparando in modo autonomo!

Rosetta Stone

Il mio rimpianto durante le vacanze non è stato non sapere il tedesco, ma non aver colto un’occasione preziosa prima della partenza. Qualche mese fa sono stata contattata da Rosetta Stone, un software per imparare le lingue, che mi ha proposto di testare il suo nuovo prodotto, TOTALe. All’epoca sapevo già che sarei andata in Svizzera e presa da mille impegni familiari e di lavoro non sono riuscita a organizzarmi e a ritagliarmi il tempo per fare la prova, in modo da fare il viaggio con la capacità di mettere insieme qualche parola e dire frasi di senso compiuto. Peccato davvero, perché l’ho provato ora ed è stupendo!

Esercizi con parole, immagini e suoni che non sono mai ripetitivi e ti portano a pensare direttamente nella nuova lingua (nel mio caso il tedesco). E soprattutto: il riconoscimento vocale che ti consente di riprodurre i suoni e sapere subito se li hai pronunciati bene! Anzi, finché non pronunci bene non ti lascia proprio andare avanti, perfetto per le maestrine dalla penna rossa come me. Alla prima lezione sono partita con un 94% di risultati corretti al primo esercizio e su su, tra grammatica e lessico, fino a raggiungere il 100% in ortografia! (Anche se a dire il vero l’ortografia è sempre stato il mio forte: in quarta elementare, tornata in Bolivia da meno di due anni, vincevo le gare della classe e tornavo a casa ogni volta con un premio, spesso una confezione di biscotti.)

Ho perso parecchio del tempo a mia disposizione per il periodo di prova con Rosetta Stone, ma penso proprio che sfrutterò al massimo quello che mi rimane, visto che mi sono trovata assai bene e soprattutto mi sento entusiasta perché vedo che imparo e capisco. Intanto vado con il tedesco, poi si vedrà – il russo è un altro dei miei obiettivi, un giorno leggerò Dostoevskij in lingua originale :-). Ma una cosa alla volta, niente fretta, tanto intendo vivere fino ai 123 anni…

Welcome to the jungle – tu chiamale, se vuoi, esplorazioni

lavorazioni in stazione! eh, Vicenza città dell'oro, ovvio!

Ieri pensavo a come gestire i miei profili social. Mi spiego: da un anno ho aperto MoyanoSomoya, la casa della mia creatività, soprattutto per quanto riguarda la fotografia. Soltanto nell’ultimo trimestre del 2012 ho iniziato a curareo di più il sito, e un po’ alla volta ho aggiunto anche l’account su Twitter e la pagina su Facebook. Mi chiedevo, però, se fosse il caso di aprire account specifici anche sui social network di fotografia: Instagram, Eyeem, Flickr… Ho già account con il mio solito nick, marielademarchi, come fare? raddoppiare? separare completamente i contenuti? E poi c’è anche Exploradora, progetto che vorrei far crescere più velocemente…

Come capita spesso, ho trovato la risposta mentre facevo tutt’altro (lavavo i piatti). Ho capito (grosso modo) che marielademarchi.it è il mio emisfero sinistro, MoyanoSomoya è il mio emisfero destro, e Exploradora è dove mi occupo delle emozioni (esplorarle, capirle). Ok, ma le emozioni cosa sono? Cioè dove le colloco nel cervello?

Mi sono messa a leggere qua e là, tra testi universitari, articoli specialistici e wikipedia. Viste le mie lacune in biologia, fisiologia e anatomia, ho trovato di grande utilità il riassunto di Wikipedia. Almeno inizialmente. Poi ho trovato delle sorprese, il percorso, molto divertente è stato questo:

Leggo la voce “emozione“, che dà un’idea generica di cosa sono e come funzionano le emozioni. Leggendolo, però, scopro che esiste l’alessitimia, cioè “un insieme di deficit della competenza emotiva ed emozionale, palesato dall’incapacità di mentalizzare, percepire, riconoscere e descrivere verbalmente i propri e gli altrui stati emotivi. Viene attualmente considerato anche come un possibile deficit della funzione riflessiva del Sé”. Una volta finito quest’articolo scorgo, tra le voci correlate, “sé (coscienza)“. Strano, la voce sul sé, inteso come parte cosciente di noi, è brevissima. Mi preparo per le battute più scontate, ma siccome la curiosità è più forte vado a vedere la relativa voce in inglese. Qua la storia sembra più lunga, ma in realtà è un elenco di voci correlate relativamente organizzate. Provo a guardare la versione spagnola. Ok, la versione spagnola è decisamente più lunga (secondo me ci ha lavorato un argentino, ma questa la capiscono solo gli ispanoamericani). Mi accorgo che è molto articolata, e decido di guardare altre lingue: sono pochissime e non c’è il collegamento alla versione italiana. Insospettita clicco su quella inglese. Ooops! Mi porta alla pagina dell’Ego. Poca spiegazione e tanti link a seconda del settore. Quindi, invece di cliccare sul link “Ego, one of the three constructs in Sigmund Freud’s structural model of the psyche“, decido di continuare la ricerca nella versione italiana, chissà dove mi avrebbe portata! Eccola, è una pagina di disambiguazione. Bene, scelgo dunque la voce che dovrebbe fare al mio caso, cioè quella di psicologia. La pagina non esiste, è già stata cancellata in passato! L’unica cosa che ci è dato sapere è che si trattava di una “Pagina o sottopagina vuota, di prova, senza senso o tautologica: )” (l’emoticon non è mio).

Certo, se non sceglievo l’italiano quando sono arrivata alla voce inglese “Ego”, arrivavo alla voce “Psychology of self“. Comunque quella voce non ha una corrispondente italiana, ma una spagnola sì. La “psicología del sí mismo” è breve e approssimativa, e per di più ha corrispondenze solo in inglese e in bulgaro.

Ora, io che qualcosa so di questi argomenti posso anche orientarmi in mezzo a tutto questo caos, ma come se la cava chi si avvicina a Wikipedia per capirne qualcosa da neofita? Meglio che si prenda un buon libro di introduzione alla psicologia o alle scienze della mente. Se uno veramente volesse imparare con Wikipedia in mano sarebbe spacciato! Almeno per quanto riguarda la psicologia. Anche se, a dire il vero, gli psicologi già non capiscono se stessi, figuriamoci capirsi fra di loro per mettere in ordine le voci su Wikipedia :-)

PS: alla fine ho deciso di separare completamente i flussi di contenuti, anche se comunque sono interdipendenti – proprio come nel cervello, sì.

PS2: il cartello che compare in foto si trovava tempo fa nella stazione di Vicenza – ovvio, essendo la città dell’oro dovevano esserci lavorazioni, non lavori in corso!